Blog

Antiochia

Avvicinandomi in auto alla città di Antiochia, devastata dai terremoti iniziati il 6 febbraio, aumentano costantemente le costruzioni sventrate come le tende azzurre o bianche dalla Protezione Civile. Spesso supero gruppi di camion che trasportano casette prefabbricate, mentre nel senso opposto procedono i mezzi carichi di detriti.

Entrando nel centro dell’antica città dal ponte sul fiume Oronte il fiato si spezza: poche costruzioni sono rimaste in piedi e sono da abbattere. Le ruspe lavorano senza sosta e dopo il loro passaggio, dove prima c’erano case e vita, resta solo una distesa di pietre spianate e un silenzio surreale. La città è irriconoscibile per gli stessi (pochi) abitanti rimasti a vagare tra le macerie nel tentativo di mettere in salvo qualche oggetto o a piangere, sostando davanti a quella che era la loro casa ed ora è diventata la tomba dei loro cari.

Ci vorranno anni di duro lavoro, ma resta doveroso provare a ricostruire la vita dei sopravvissuti; quello che possiamo fare noi frati è mantenere unite le piccole comunità cristiane a noi affidate.

Michele Papi, frate cappuccino