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Accogliere il grido

In questo tempo ancora più del solito, parlare della sofferenza sembra una presunzione imperdonabile: è una realtà su cui ogni parola può essere di troppo. Domande incalzanti: “Che senso ha tutta questa sofferenza? Va perduta? È solo qualcosa da eliminare?”

È un discorso arduo: l’esperienza del dolore ci coinvolge così profondamente che non tollera risposte dal di fuori, o prediche prefabbricate. Essa provoca una domanda dal di dentro: non si tratta di spiegare un problema ma di accostarsi a un mistero, che si può solo cercare di rendere un po’ meno oscuro. Occorre una preliminare assunzione del dolore, del nostro e di quello altrui

Bisogna resistere alla tentazione di dare risposte o soluzioni: portare dentro di noi questo mistero nella sua contraddittorietà, questa lacerazione …  c’è una angoscia doverosa e c’è un dubbio doveroso.

Anche l’angoscia è una strada che può portare a una verità più profonda. Consolare è una azione di Dio, ma ha bisogno di mani, occhi e cuori disposti a lasciarsi raggiungere e ferire, disposti a toccare e abbracciare. 

Maria Giovanna Cereti, clarissa